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Storia di una filosofia imperfetta

Ricordo di avere da poco riletto la storia di Re Artù e della logica di creare una tavola rotonda perché ogni cavaliere fosse alla stessa distanza dal centro e tutti si sentissero uguali.
Forse non c’entra molto con quello di cui sto per scrivere ma sembrava un buon modo per cominciare un articolo che parla di ciambelle (seriamente, ma tu non hai nulla di meglio da fare che scrivere queste cose; c’è gente seria che studia, se proprio vuoi approfondire l’argomento prendi qualche euro, entra in pasticceria, ordinane una e mangiala con un cappuccino lasciando in pace il resto del mondo).

I want your doughnut
I want your doughnut

Tutti conoscono e celebrano il Natale e altre festività religiose o di rimando storico a livello mondiale, ma non sono in molti a sapere che dal 1938, ogni primo Venerdì di Giugno le pasticcerie americane celebrano il “National Doughnut Day”.
Per capire bene di cosa si tratta è necessario fare qualche passo indietro…nel tempo.
L’anno è il 1917 e le armi della Prima Guerra Mondiale stanno sparando le ultime cartucce quando un gruppo di volontarie ha l’idea di costruire delle baracche vicino ai campi d’addestramento nelle quali i soldati possono comprare cibo, carta da lettera e inchiostro, francobolli, o semplicemente prendere un caffè accompagnato da una ciambella fritta appena fatta.
Sebbene l’origine del doughnut rimane incerta, si crede che derivi dall’olykoeks, una torta unta cucinata dai coloni olandesi del diciottesimo secolo.
Due delle volontarie, Margareth Sheldon ed Helen Purviance capiscono inoltre che l’introduzione della ciambella nel rancio dei soldati portava dei vantaggi considerevoli perché poteva essere consumata velocemente anche nelle zone calde del fronte.
Il successo fu immediato e le richieste di doughnut arrivavano costantemente a ogni ora del giorno. Stando a quanto scrive la stessa Sheldon, in un solo turno dovette preparare ventidue torte, trecento ciambelle e settecento tazze di caffè.
Qualche anno dopo, nel 1920, la moda del doughnut era lievitata tanto che Adolph Levitt costruì la prima macchina automatica per la loro produzione in serie. Fino a quel momento infatti, il processo era quasi completamente svolto a livello artigianale e la leggenda vuole che durante la Guerra venissero fritti sei alla volta all’interno degli elmetti dei soldati.
Nel 1937 il profumo dei doughnut era così invitante da attirare da solo i clienti all’interno della pasticceria e quando iniziarono i primi problemi di spazio, i negozianti più creativi come Vernon Rudolph decisero di bucare la parete che dava sulla strada per poter vendere le ciambelle delle meraviglie direttamente ai passanti (manca solo che il negozio fosse morbido e rotondo e si svela la natura del famoso detto “non tutte le ciambelle nascono col buco”).

Donuts are friendly food
Donuts are friendly food

 
Gli anni che contribuirono alla nascita della ricorrenza sono quelli della Grande Depressione; siamo intorno al 1938 e siccome l’esercito ha bisogno di fondi per finanziare le nuove campagne militari, decide di richiamare in campo le “Doughnut Lassies” (ragazze doughnut) e prendere tutti per la gola.
Ancora una volta le ciambelle avevano salvato il Paese e in onore dei volontari che misero a disposizione il proprio tempo preparandole e servendole ai soldati impegnati nella Prima Guerra Mondiale, venne istituito il National Doughnut Day.

Un esempio di "baracca" costruita dalle volontarie
Un esempio di “baracca” costruita dalle volontarie

 
Tornando ora al presente, il primo Venerdì di Giugno ogni città americana festeggia a modo suo il giorno della ciambella, solitamente servendo gratuitamente o comunque ad un prezzo scontato i tradizionali bomboloni.
A Chicago invece, le celebrazioni comprendono eventi e concerti come il “Free Donut Day Concert” che continuano per l’intera giornata con la presenza di importanti gruppi della scena musicale per ricordare che le prime raccolte fondi vennero organizzate proprio nella città del vento.
Nel pieno rispetto della tradizione infine, tutto il ricavato viene devoluto a favore dell’Esercito della Salvezza e ad ogni donatore viene regalato un piccolo braccialetto commemorativo come forma di ringraziamento oltre alla possibilità di vincere una fornitura annuale dell’Homerico dolce.
A posteriori forse è vero che la storia di Re Artù non c’entra molto con questa, ma chissà che l’ispirazione non gli sia venuta proprio addentando un doughnut.

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